L’ortodonzia è quella particolare branca dell’odontoiatria che studia le diverse anomalie della costituzione, sviluppo e posizione dei denti e delle ossa mascellari. Essa ha lo scopo di prevenire, eliminare o attenuare tali anomalie mantenendo o riportando gli organi della masticazione e il profilo facciale nella posizione più corretta possibile.
La pratica ortodontica consiste sostanzialmente in due tipi di terapia che molto spesso sono consequenziali.
Apparecchi attivi: agiscono direttamente con la loro forza quando viene attivata (es. apparecchi con viti, archi, molle ecc…)
Apparecchi passivi: sfruttano le forze masticatorie essendo di per sé inattivi (es. placca vestibolare, piano inclinato, ecc…)
Principali componenti biomeccaniche
Forza: viene applicata per ottenere il risultato diagnosticato, è opportuno dosarla adeguatamente per evitare di causare errori che potrebbero risultare irreparabili. Quando si ha il tempo necessario è preferibile quindi applicare forze di poca intensità (spesso per ragioni di tempo si verifica purtroppo il contrario).
Pressione: essa viene esercitata sui tessuti orali mediante la suddetta componente (forza), alla quale è quindi strettamente collegata; il risultato è dato dal riassorbimento del tessuto alveolare e conseguente opposizione ossea (spostamento del dente nella direzione voluta).
Ancoraggio: è la resistenza opposta alle forze dinamiche orizzontali, interessa un buon numero di denti in quanto gli elementi di ancoraggio devono sempre essere di gran lunga superiori agli elementi sotto pressione (rapporto minimo di 2 a 1 ma al lato pratico questo difficilmente si verifica).
Ritenzione: è la resistenza opposta alle forze dinamiche verticali; essa si avvale in particolar modo dei sottosquadri, soprattutto quelli prossimali.
Le tre classi dentali
La cura delle dismorfosi facciali ha radici molto antiche, basti pensare al tentativo di correggere la ipermandibulia (III Classe scheletrica) della famiglia regnante degli Asburgo. Ma è solo agli inizi del Novecento che negli USA si classifica il problema con senso critico e scientifico; infatti con E. Angle, in base alla posizione relativa dei primi molari permanenti (superiori e inferiori) che si distinguono le malocclusioni in tre classi.
La I Classe dentale è la più rappresentata nella popolazione nord-europea (vichinghi): il molare superiore (cuspide mesio-vestibolare) occlude nel solco tra la cuspide mesiale e centrale del primo molare inferiore > il canino superiore si incastra dal lato vestibolare tra canino e premolare inferiore.
La II Classe dentale è la più rappresentata nella popolazione indoeuropea dove il baricentro del corpo sta davanti e la mandibola cresce e si sviluppa in posizione distale rispetto al cranio> pertanto il molare superiore (cuspide mesio-vestibolare) si incastra tra le creste marginali di secondo premolare e primo molare inferiore.
La III Classe dentale (Asburgo)si riscontra prevalentemente nelle razze asiatiche con diverse tipologie e sono associazioni di ipersviluppo mandibolare e iposviluppo mascellare con varie gradazioni di crescita: il molare superiore (cuspide mesio-vestibolare) occlude dopo il solco distale del molare inferiore.